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Stupratore seriale, una testimone

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1Stupratore seriale, una testimone Empty Stupratore seriale, una testimone Mer Lug 08, 2009 12:53 pm

Cristina

Cristina
Admin

Stupratore seriale, una testimone:
«Ho parlato con lui e mi sono salvata»

Scampata alla violenza racconta: «La sua voce era calma, non la dimenticherò mai, è spuntato da dietro una colonna»


ROMA ( 8 luglio) - «La sua voce la sento ancora nella testa. Il modo in cui parlava, il suo tono calmo. C’era solo una macchina tra di noi. Ma riuscivo comunque a sentire il suo respiro. Mi diceva stai zitta, non ti farò niente, tu non mi hai mai visto. Sembrava una persona con dei problemi, uno a cui serviva aiuto. Per questo l’ho tranquillizzato, senza urlare. Anche se ero terrorizzata. Avrebbe potuto afferrarmi, fare un semplice movimento e prendermi. Invece, lo stupratore, mi ha lasciato andare».

E’ la notte del primo luglio. Ventiquattr’ore ore prima dello stupro in via Sommer. Il maniaco è già a caccia. Patrizia (il nome è di fantasia) sta tornando a casa. Come ogni sera parcheggia la macchina nel suo garage a poche chilometri di distanza da via Sommer, vicino a via Grotta Perfetta, quartiere di Tor Carbone. Sono le due e trenta. Dieci minuti prima sua figlia è tornata a casa e ha avuto l’impressione che una macchina la stesse seguendo. Così, prima di parcheggiare l’auto e scendere si è accertata che il cancello automatico si fosse chiuso dietro di lei. In quel momento vede una figura aprire lo sportello e sporgersi: «Era buio, mi sembrava avesse un capello in testa - racconta la ragazza - Ma non ci ho fatto molto caso e sono corsa subito a casa».

Passano dieci minuti, forse qualcosa di più e dentro quello stesso garage entra sua madre. Patrizia parcheggia l’auto, scende. Improvvisamente davanti a lei spunta «un uomo con un passamontagna, come quello dei motociclisti, con un taglierino in mano». «Era nascosto dietro una colonna, come in cerca di qualcosa - racconta - Quando l’ho visto gli ho detto “chi sei? cosa vuoi? Ti do tutto quello che ho”. Ho infilato subito le mani dentro la borsa, pensavo fosse un rapinatore. Poi l’ho guardato negli occhi, il suo sguardo era perso. E lui ha cominciato a parlarmi: “Stai zitta, non ti muovere”, mi ha detto, “se non dici a nessuno che mi hai visto, ti lascio andare”. Non aveva un tono minaccioso, anzi. Parlava in modo calmo. Non so perché ma ho avuto l’impressione che avesse dei problemi, che fosse ritardato. Così ho deciso di assecondarlo, avevo il cuore che mi batteva a mille, ma sapevo che quello era l’unico modo per uscirne salva».

La descrizione di Patrizia, i suoi dettagli, «un ragazzo sui 30 anni, alto all’incirca 1,75, paffutello», coincide perfettamente con quella dello stupratore di Tor Carbone. «Sembrava un ragazzo giovane, vestito con una felpa scura, non saprei dire di più.

Sicuramente quello che mi ha colpito era il suo modo di parlare, come se avesse bisogno di qualcuno che lo tranquillizzasse. Ho cominciato a dirgli di stare calmo, che non avrei fiatato con nessuno. Ripetevo che sarei stata zitta, che non avrei potuto dire a nessuno chi era, perché aveva il viso coperto. Il mio sguardo era fisso sul suo». «Anche i suoi movimenti erano lenti - ricorda - camminava in modo strano. Mentre gli parlavo e non lo perdevo di vista un attimo, indietreggiavo verso l’uscita di sicurezza a pochi metri da me. Avrebbe potuto afferrarmi, aggredirmi in pochi secondi, bastava un balzo in avanti, un movimento brusco. Invece non mi ha neanche toccato. E’ come se le mie parole, in un certo senso, l’avessero tenuto a bada».

Lunghi, interminabili minuti e Patrizia riesce a sfuggire al maniaco che sta terrorizzando da settimane la città. «Mi sono girata di scatto - ricorda - e in un attimo mi sono precipitata verso l’uscita del garage. Mentre correvo, lo sentivo ancora dietro di me. Non mi stava inseguendo. Era fermo. Ma ricordo di aver sentito lo scatto del taglierino, come se l’avesse richiuso, poi dei passi che via via si allontanavano. Stava fuggendo verso il cancello elettrico. Ero scampata al pericolo».

Solo due giorni dopo quando Patrizia legge sui giornali dello stupro a via Sommier, non molto lontano da casa sua, quando legge di un uomo col passamontagna che aggredisce dentro i garage, capisce di aver scampato molto più di una rapina e presenta una denuncia al commissariato di Tor Carbone. Ma le rimane in testa quell’atteggiamento strano «perché se avesse voluto quell’uomo mi avrebbe potuto far del male come e quando voleva». «Credo si tratti di una persona molto malata, non di un freddo maniaco - ripete - Nella mia vita ho avuto a che fare con persone con ritardi mentali, so capire quando davanti ho una persona con dei problemi. Forse proprio questo mi ha salvato».

Però adesso rimane la paura. «Una paura che respiri ogni giorno ormai nel quartiere. Nessuna donna esce più di casa da sola. Viviamo scortate. E’ terribile vivere con quest’incubo. Io non so se sia uno di zona, se sia uno di qui. Spero solo che questa storia terribile finisca il prima possibile. E che lo stupratore seriale abbia le ore contate».

http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=64818&sez=HOME_ROMA

Il Messaggero

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