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Scuola, la Consulta boccia parzialmente i tagli. Gelmini: punti marginali e superati

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Cristina

Cristina
Admin

Scuola, la Consulta boccia parzialmente
i tagli. Gelmini: punti marginali e superati

No ai criteri definiti per regolamento ministeriale e no all'attribuzione allo Stato di competenze delle Regioni


ROMA (2 luglio) - La Corte Costituzionale ha dichiarato parzialmente illegittime le norme sui tagli alla scuola che il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini ha previsto a partire dal 2009-2010. I giudici della Consulta hanno di fatto salvato, ritenendolo di competenza esclusiva statale, l'impianto complessivo degli interventi contenuti nel decreto sullo sviluppo economico.

Due punti però sono stati bocciati: la definizione tramite regolamento ministeriale di criteri, tempi e modalità per ridimensionare la rete scolastica; l'attribuzione anche allo Stato (e non soltanto alle Regioni e agli enti locali) delle misure necessarie a ridurre i disagi causati dalla chiusura o accorpamento di scuole nei piccoli comuni. La sentenza è stata depositata stasera in cancelleria.

Con la sentenza n. 200, scritta dal giudice Quaranta, la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 64, comma 4, lettera f bis ed f ter, del decreto sullo sviluppo economico, convertito in legge con modifiche nell'agosto 2008. Per la Corte solo in questi due punti (tutte le altre contestazioni mosse da otto Regioni sono state dichiarate inammissibili, infondate o superate) è stato violato l'articolo 117 della Costituzione sulla potestà legislativa dello Stato e delle Regioni sulla base delle modifiche apportate dalla riforma del titolo V della Costituzione nel 2001.

Le motivazioni fissano per la prima volta importanti paletti nel riparto delle competenze tra Stato e Regioni in fatto di istruzione. «Il sistema generale dell'istruzione, per sua stessa natura, riveste carattere nazionale - scrive la Consulta - non essendo ipotizzabile che esso si fondi su una autonoma iniziativa legislativa delle Regioni, limitata solo dall'osservanza dei principi fondamentali fissati dallo Stato, con inevitabili differenziazioni che in nessun caso potrebbero essere giustificabili sul piano della stessa logica. Si tratta, dunque, di conciliare, da un lato, basilari esigenze di uniformità di disciplina della materia su tutto il territorio nazionale, e dall'altro, esigenze autonomistiche che, sul piano locale-territoriale, possono trovare soddisfazione mediante l'esercizio di scelte programmatiche e gestionali rilevanti soltanto nell'ambito del territorio di ciascuna Regione».

La Corte distingue tra «norme generali» sull'istruzione e «principi fondamentali della materia». Nel primo caso rientrano «quelle disposizioni statali che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario ed uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell'istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonchè la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali in possesso dei requisiti richiesti dalla legge». Alla categoria «principi fondamentali» sull'istruzione appartengono invece - puntualizza la Corte, così introducendo importanti paletti anche per futuri interventi in materia di istruzione - quelle norme che coinvolgono «le specifiche realtà territoriali delle Regioni, anche sotto il profilo socio-economico» e che dunque «necessitano, per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione) dell'intervento del legislatore regionale il quale deve conformare la sua azione all'osservanza dei principi fondamentali» di competenza statale.

Rientrano in quest'ambito il settore della programmazione scolastica regionale e quello inerente al dimensionamento sul territorio della rete scolastica. È facendo leva su questa distinzione che la Corte spiega il motivo della bocciatura parziale dei due punti del decreto Gelmini. Per quanto riguarda il primo punto bocciato la Corte constata che la preordinazione dei criteri per il dimensionamento delle scuole ha una «diretta ed immediata incidenza su situazioni strettamente legate alle varie realtà territoriali ed alle connesse esigenze socio-economiche di ciascun territorio, che ben possono e devono essere apprezzate in sede regionale, con la precisazione che non possono venire in rilievo aspetti che ridondino sulla qualità dell'offerta formativa e, dunque, sulla didattica». Nel secondo caso secondo la Corte è stata illegittimamente attuata «una estensione allo Stato di una facoltà di esclusiva pertinenza delle Regioni, mediante l'attribuzione allo stesso di un compito che non gli compete, in quanto quello della chiusura o dell'accorpamento degli istituti scolastici nei piccoli Comuni costituisce un ambito di sicura competenza regionale proprio perchè strettamente legato alle singole realtà locali, il cui apprezzamento è demandato agli organi regionali».

«Prendo atto con soddisfazione delle decisioni assunte dalla Corte Costituzionale - ha commentato il ministro Gelmini - posto che è stata riconosciuta la legittimità costituzionale dell'impianto complessivo dell'articolo 64 del Dl 112/208. Per quanto riguarda specificamente le due disposizioni di cui è stata affermata l'incostituzionalità va precisato che nessuno dei provvedimenti attuativi dell'articolo 64 si fonda su di esse e che in particolare, per quel che riguarda il dimensionamento nei piccoli comuni, la norma dichiarata incostituzionale risulta superata dall'articolo 3 del Dl 154/2008». Per quanto riguarda invece criteri, tempi e modalità per ridimensionare la rete scolastica, il ministro ha sottolineato che «si era già proceduto a trovare un accordo nella conferenza
Stato-Regioni-Enti Locali. Per questo i punti giudicati incostituzionali sono da ritenersi marginali e da tempo superati».

Errani: confermati i nostri dubbi. «Leggeremo nel dettaglio la pronuncia della Corte Costituzionale, ma, secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, sembrano confermati gli interrogativi e i problemi che le Regioni avevano sollevato in relazione al dimensionamento della rete scolastica», ha detto invece il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani.

Il Messaggero

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